Crescendo

Avevo perso la capacità di aspettarmi qualcosa; qualsiasi cosa succedeva, scorreva subito lentamente via, trascinata dalla schiuma del fiumiciattolo grattato lungo la costola sinistra del fondo. Lasciavo scorrere via i giorni, la rabbia, i pensieri felici per paura che volessero ammansirmi, i pensieri infelici per evitare che s'incancrenissero, accovacciati nel ventre. Ero convinta che un giorno sarebbe successo qualcosa di eccezionale, che mi avrebbe distrutto, e salvato, e non c'era bisogno che aspettassi. Continuavo ad essere la stessa, attaccata alla vita come una gramigna, testarda come una capra e viva come un' erbaccia, anche se nel mio inverno nessuno poteva supporre che dentro affondassi le radici fino a spezzare le unghie contro i sassi. Ero forse sempre più viva, e piena, e forte, perchè la vita scorrendo scavava la profondità del fiume fino ai miei nervi scoperti, alle più piccole terminazioni nascoste tra fango e terra, e mi rendeva segretamente sensibile, nevrile, fertile. Io affondavo i piedi nello sterco, per questo tutte le sere facevo il bagno: l'idea di poter avere le unghie sporche mi faceva impazzire. Ogni mattina affondavo nello sterco dei piedi bianchissimi.

Diocane

Sto sorridendo adesso, mentre scrivo guardando distrattamente sia la tastiera che l'interlocutore di turno. Non sto ascoltando. Non ascolto più da qualche ora. E, udite udite, scrivo in tempo reale. Niente ripescaggi dal passato oggi. Sto sorridendo mentre ucciderei per un pò di silenzio. Nella mia mente slideshow di atti violenti facilitano la catarsi. Ho mal di testa e non sono tranquilla.

GlamO'drama #7


Svegliarsi accanto a te.
Il letto è freddo. È un mattino di Marzo. Che graffia. La notte non ha lasciato profumi. Un battito d’ali s’accascia. Si bagna. E bacio una coscia del tuo corpo anemico.
Vorrei… vorrei… affondare le mani nel tuo amore dischiuso per me, come un fiore, grande, che svuoto. Lascio scivolare via la tenerezza di ogni volta che corri a leccare le mie ferite e allargo la cassa toracica per rientrare in questo Corpo non mio. Più umano.
Chiudi gli occhi. Non fissarmi.

Svegliarsi accanto a lui.
Voglio una carta assorbente che s’impregni della mia rabbia.
E ti bacio tra le cosce e non voglio che te ne vai. Voglio massacrarti a mani nude e leccare il sangue caldo non coagulato che scivola via dal dorso della mia mano. Voglio tamponarti la piaga con la mia rabbia. Come Atropo recidi il mio filo. Disintegrando legami mai nati, mai spenti. Sognati. Piccolo sfregio sul lato sinistro del petto. Il morbo corrode le vene. E brucia. S'appiglia, s’impiglia alle fiamme. E brucia. Consumo il mio corpo e latente ragione evapora piano. Come Atropo recidi il mio filo. L’ultimo appiglio alla crosta del cuore.
Vaffanculo.
M’hai reso una cagna perfetta. Iniziata al distacco aprendo le cosce mi lascio cadere. Nel buio del mio stesso corpo. Inseguo qualcosa di vergine per non soffocare. Che sia un organo, un liquido, un osso. Se potessi tagliarmi le mani, asportar la vagina e cavare questi occhi. Per affievolire ricordi e speranze. Per deporre nella pietra passioni. Crocifisse al tuo albero gelido. Al tuo cazzo trionfante.

Mi sento terribilmente sporca.

blablabla


In quanto a me, ci sono molte cose da sapere: adoro il gelato. Soprattutto nei toni del rosa e pieno di fragole, mirtilli e foglioline di menta. Adoro la cioccolata, le scarpe, i rossetti, Bette Davis. Adoro tagliare il pesce crudo e mangiarlo con le mani. E Coco Chanel. Ed il mio culo. Adoro quando di notte indossiamo tacchi altissimi coordinati a pochette scintillanti. Adoro quando le tisane riescono a purificare anche l'anima. E fare l'amore fino al mattino nel letto di qualcuno a cui riesci anche ad addormentarti vicino. Senza schifarti. Adoro cucinare, nutrire. Avvelenarmi. Adoro le tue labbra. Succhiare. Succhiami.
Panna-fragola lolli-pop girl.

A pranzo mentre ascolto musica e fisso lo schermo del portatile.

Incastro il piatto sulle gambe incrociate e cerco di non sporcare le lenzuola, mentre lecco il collo slanciato del cucchiaino ancora sporco di Nutella. E pensare che da bambina adoravo il week end, quando il parentame più prossimo veniva invitato a pranzo a casa dei miei nonni.
Tutte le domeniche non senza una certa monotona sorpresa.
Ora, immaginateci tutti seduti al tavolo rotondo del soggiorno,comprese le zie e i nipotini- fastidio, compresi il padre il Duce e la madre che non realizza perché è sempre tutto bello e felice e gioioso. Immaginate i piatti della nonna, unti, pesanti, ogni domenica gli stessi piatti per anni, anni ed anni. Nonna, la mia estetista ti odia, lo sai? Paladina della cellulite in gonnella. Nonna, che vieni ogni mattina a mezzogiorno a chiedermi se ho mangiato, mentre la mia testa vorrebbe che il cuscino la risucchiasse nel silenzio e lo stomaco viaggia su binari paralleli alla coerenza fisica. Si, nonna, ho mangiato.

I don't like the drugs but the drugs like me


Grigio perla vomitato da seppie intramolecolari s'insinua nel mio cranio sbiadendo i liquami. Sto quasi bene.
Magic Chemistry.
Risucchia i colori e li proietta un prisma perverso sulla luna del mio viso candido: è un bombardamento cromatico a cui mi sottrae l'ecatombe umida e incolore del mio dentro.

Addio version 2.0

Lasciarti andare,
come il buio che all'alba la mia stanza
non stringe mai tanto da impedirne che fugga,

lasciarti andare come le stelle assorbite dal bianco
proprio quando mi chiedo se il giorno non sia
a derubare la notte, e il silenzio...

Lasciarti andare, col tuo corpo negli occhi,
come l'amore appena appagato,
proprio come l'amore, nella voce le labbra, tra le mani le prime parole,
tenere gemme sulle mie fronde secche,
e proprio come l'amore incidere

i tuoi lineamenti nel ricordo,
quando mi chiedo se il giorno non sia
a massacrare uno ad uno
i momenti in cui mi hai detto: Siamo.

La carne Ë fredda, ma allora dimmi perchË
il tuo corpo Ë il fuoco dell'inverno,
e le labbra il brivido e la febbre del mio ventre,
dimmi perchË
la carne Ë fredda ed io respiro il tuo calore
mentre intorno tutto non vuole continuare, fermo,
nel momento in cui
solo il tuo respiro
esiste, ed il mio bacio che lo cerca.


Settembre 2008

GlamO'drama # quanto ero emo da ragazzina


Tramortisco l’incostanza del mi tenero cuore mortificato da lacci bondage tessuti a prigione di carne, affinché mai, mai mi liberassi dalle tue piccole mani bianche. Il cielo nero schiaccia la cassa toracica nella quale sono sepolta. Graviti in questo cielo come gas tossico e m’impregni il fegato gonfio e i bronchi e lo stomaco, confluendo nel cervello in flussi d’allucinazione. Sventrare t’ispira sesso o massacro? Mi sezioni con perfezione chirurgica e poi componi i pezzi in nuove forme: la proiezione del desiderio è un prisma organico che non mi somiglia e scopi con violenza. Sei un uomo o una donna? La mia febbre vomita anatomie corrotte. Il tuo nome è ghiaccio sul mio seno. Il tuo nome è una pistola nella mia gola. Gli angeli sanno e mi additano dai loro palchi. Premi il tuo cazzo su di me, mentre m’abbracci non teneramente. Il tuo cazzo è la pistola nella mia gola. M’hai rubato dall’altare e io t’ho seguito. M’hai indicato il dolore e io l’ho leccato. Nell’angolo della mia cella a cosce chiuse cullo la tua assenza. Only theatre of pain a ripetizione. I’m so tired…
Amami o premi il grilletto.

Specchio specchio delle mie brame...


E arrivi al punto che lo inizi a capire. Stai soffocando. Ti lasci morire. Ininterrotamente e. Come sempre. Bellissima. Fottutamente. Bellissima.
Lasciatemi. Derubatemi e datemi in pasto alle bestie. No. Non è vero, non devo andare avanti per gli altri, sono stanca;
Ma la cipria maschera tutto. Bimba, sei stupenda. Non è vero.
...E cominci ad odiarti.. a mascherare nel nulla il tuo vuoto. Ti senti grumo e poi stella e poi buco. Carnefice e vittima. Mi hai violato l'anima, ora, violami il viso. Autodistruzione. Non sopporto più i tuoi tratti perfetti, Riflesso. Sei turbamento. Dammi al mostruoso. Accarezzami.
Mi avvicino allo specchio. Sei gelida. Accarezzami.
Al buio mi piego. Me genuflessa davanti allo specchio. Specchio, rifletti. Adesso che mi guardi, rifletti. Il rossetto consumato da troppi baci. Ogni segreto è troppo grande. S’annulla. Ogni bacio come un sasso in uno stagno.. onda di brividi che s’apre e si disperde.
Assapora la rabbia.
Mantieni il controllo.
Sorridi.
Lo vedi? sanguino... ma nel mio sangue, Riflesso, non penetri. non riesci a toccare... non riesci a toccarmi, a sporcarti di me.
E cosÏ ci guardiamo rialzarci e sorridere. Sempre più giù. Sempre più strette. Non possiamo sentirci. Sono queste, le porte della percezione? Aprile. Murate. Stringo i denti. Che cosa siamo, se non di fanciulle siamesi alienazioni diverse?

E adesso bastardo, rifletti.

Cerchio

Moltiplica l’incubo. Non c’è l’angolo della penitenza. Sono un uomo e voglio fare penitenza. Voglio accucciarmi all’angolo a nord e rimanere genuflesso. Faccia al Muro. Perdono. Voglio chiedere perdono. Non c’è l’angolo della penitenza. L’incubo. Il perdono. Mi siedo al centro della stanza perché ho paura del perimetro. Dico voglio ricominciare da capo, Cerco l’inizio. Semirette, segmenti. Frammenti. Cerco l’inizio col naso per terra. Fiuto la linea, esamino la forma. Sono un uomo e voglio fare penitenza. Dov’è il mio nuovo inizio, l’origine dei punti? Cammino. La stanza non si interrompe. Muro bianco. Pavimento bianco. Soffitto bianco. Il bianco ha inghiottito la porta. Cammino nel bianco come una macchia. Ero un uomo. L’uomo nasce per trovare angoli. L’angolo della vergogna. L’angolo del perdono. Voglio nascondere la mia faccia. Il cono d’ombra. Tutto è curvo. Tutto si piega. Le linee tramano, la mia pelle trema, s’ammorbidiscono, mi confondo. Ho paura del perimetro. Non posso nascondermi. I vermi aderiscono alle pareti. Le mie ossa non si piegano. Io non sono un verme. Vomito. Una macchia concentrica. C’è una macchia concentrica. Ho vomitato l’incubo. Il cerchio. Si dilata. Concentrico. Nel perimetro, io, la macchia, io, l’intruso. Non c’è l’angolo della salvezza. Non aderisco, le ossa, è colpa delle ossa. Io non sono un verme. Non posso riposare. Lo senti, è assordante il silenzio. Solo gli angoli parlano. Le linee spezzate gridano. Le semirette iniziano a lamentarsi. Il cerchio. È silenzio.

singing in the rain

I wanna fuck you like an animal
I wanna feel you from the inside
I wanna fuck you like an animal
My whole existence is flawed
You get me closer to God

GlamO'drama # scars

Dicono che quella farfalla sia io. Dicono che se l'avessero lasciata andare sarebbe morta su una foglia prima dell'indomani. Io lo so che a mente lucida nessuno si ricorderà più niente. Le mie labbra sono sconosciute come un oracolo. Ti volti e mi dici grazie e te ne vai. Io ti dico resta, uomo senza volto, tu dici ancora mille volte grazie e te ne vai. Io ti dico sei cattivo uomo senza volto. Sei spietatamente cattivo uomo senza volto.
Sono nata con mezzo cuore perchè l'altra metà era un puntaspilli. Il mio corpo è rimasto un bozzolo, il prolungamento a sostegno del mio cranio. Il mio cuore è rimasto un bozzolo in fondo allo stomaco dove ogni tanto qualche lacrima, cade. Questo letto è così familiare che riesco quasi a sentire un odore che non sia il mio, che non sia di fresco, che possa annusare su altre pelli. Io perdo pelli come serpi e non mi evolvo. Io sono sempreverme ed annuso il mio bagliore. Annuso come un animale la follia di questo letto sterile.
Mamma, tu non sai. Tu non mi vedi se non nell'antologia dei tuoi incidenti. Tu non conosci il mio viso. Io sono tridimensionale, mamma, ed ora se non mi facesse male la testa ti griderei di venirmi a cullare nel giaciglio del verme. Ovunque tu sia, mamma. Ovunque. Tutte le ferite si rimarginano, dicono, ma non è vero. Le cicatrici hanno cambiato la fisionomia del mio cuore. Lo modello come un grumo di argilla e mi accorgo che tutto ritorna com'è, ogni grinza, ogni lesione. Sono i miei ospiti.

[...]

...e sognavo, sognavo...Non so più se mi manca il sogno, o se lo maledico. Caro uomo senza volto, guardami in faccia mentre te ne vai. Gli addii sono semplici quando le persone non si guardano. E tu, quale uomo sei? quale donna? Dimmi se portavi una frusta od un fiore. Tante volte incrocerai i miei occhi quante non mi vedrai. Io sono la piccola bambola senza grazia esibita coi porci, sono la bimba tagliata a misura di mostro. Dicono sia una questione di ali. Hanno dimenticato di crescere e così dovrei aspettare quel volo ancora e ancora. Pendo dalle labbra del mio sonno. E se ti dico vattene ti volti e mi dici ancora, e se ti dico resta, dici mille e mille volte grazie e te ne vai. E se ti dico esisti ti spaventi e scappi, ed io qui non posso seguirti da questo giaciglio di carne e tu non hai nome. E se ti dico guardami, scompari.

Sad but true/ Mongoloid


Dementi.Idioti.Subnormali.Anormali.Mongoloidi.Handicappati.Di versi.Down.Portatori di handicap.Disabili.Diversamente abili: SPECIALI.

Il paradigma del processo (formale) di civilizzazione sembra evidenziarsi (e con che brutalità!)nella moltitudine di nomignoli coniati per definire persone con deficienze universalmente visibili: handicappati, disabili, minorati. Le deficienze che non sono immediatamente rilevabili dalla società e che non interferiscono con la capacità di omologazione/partecipazione attiva-produttiva dell'individuo alla stessa, non sono mai oggetto di (auto)riflessione (ti sei mai chiesto se nonostante tu mangi, respiri, faccia sesso, lavori, possa essere considerato un essere umano decentemente / cerebralmente sviluppato?)

“mongoloid he was a mongoloid
and it determined what he could see
and he wore a hat
and he had a job
and he brought home the bacon
so that no one knew”

(Si? Allora non ti farà piacere sapere che gli idioti non sono quasi mai visibili ad occhio nudo)
L'abbrutimento umano è combattuto attraverso l' ostentazione di definizioni edulcolorate, di slogan vincenti, in un tempo in cui anche il termine "tolleranza", dal quale emerge l'impegno concreto dell'uomo alla convivenza civile, viene sostituito da un altisonante e politically correct "rispetto", che nobilita di certo l'involucro delle intenzioni, ma si confina in una dimensione il più delle volte ideale e astratta. Se assecondiamo chi considera la società moderna come contingente (definendo la contingenza come condizione in cui tutto è possibile ma non necessario), allora possiamo percepire la futilità del "mercato delle definizioni" in cui l'oggetto dell'osservazione ha perso rilevanza, a favore dell'attenzione paranoica alla definizione dello stesso. Definizione possibile, ma non necessaria. In una parola: Inutile. Il dibattito sulle definizioni è da sempre il primo sintomo della perdita di importanza del senso a favore della forma.
In questa realtà in cui l'ansia di affermare la propria definizione, ovviamente vincente, speciale, cool, riempie il vuoto lasciato dalla carenza di senso, i diversamente abili sono diventati speciali. Bambini Speciali. L'ultima frontiera dell'integrazione, prima ancora dell’estensione delle barriere architettoniche, che si, ok, sono assolutamente molto utili, ma così dannatamente poco cool! bambini speciali, dunque, star di micromondi formali, saturi di sorrisi e felicità e happy end in cui mamme con la messa in piega fresca di parrucchiere brandiscono questi bambolotti come fossero accessori griffati.
Un premio all’accessorio più strano: che sia una coccarda o una deficienza, a chi importa?

GlamO'drama #6


Ho camminato fino a inzuppare le mie ossa nella città che annegava in un latrato. Ho camminato fino a sprofondare un pò nei marciapiedi senza barchette, col silenzio immobile dei muri intorno pieni d'aria, e d'acqua. Ho condiviso il respiro lento della città tossica, il profumo dell'ora diversa, le mani umide di un abbraccio verticale. Se ti pieghi a raccogliere i miei capelli, ti prego, recidili come fiori. Ho camminato col sapore in bocca di quelli che hanno fame di riempirsi i polmoni, come gli uccelli se non potessero volare, come il falco cieco, il drago sradicato dalla favola.
Spugna di cemento mi inala un qualche altro condotto d'areazione, e come un acrobata volo via oltre lo sfondo.
Domani mi sveglierò presto e conterò ad una ad una le mie cellule. Voglio che mi siano tutte familiari. Domani sarà pulito e asettico fuori, questo reparto. I pipistrelli hanno preso il posto dei piccioni ora, stanotte, sugli alberi. Li sento ridere. Chissà dove dormono i piccioni. Ho paura di far male a questo marciapiede mentre penso, e mi chiedo anche se lo sa che affogo in un cappotto arrancando nel suo cielo. Il mio è grande come quello degli insetti. Immenso. Non mi sono mai sentita così vicina alla terra. Amo le stelle perché sono lontane.

Neoromanticherie #2


Il silenzio divora ciò che non riesco a piangere,

il vincolo del sonno adora l’anestesia,

abbraccia il brandy. 

Le tue dita mi scompongono il viso.

Io non ti conosco.

Grido dalle orecchie, trucco sugli occhi capovolti.

Le mie lacrime salgono fino al cielo. 

Troverai le labbra del mio seno lungo la tua via.

Raccoglile.

Tutti i nostri fuochi sono azzurri, io sono un clown 

tu la dannazione,

troverai la lingua del mio ventre lungo la tua via, 

dissipami.

Sono l’equazione dei tuoi giochi incomprensibili, 

ma lo sai che nel mio mondo non hai volto. 

Signore dei miei brividi,
ottenebra le braccia dell’impulso,

soffocami. 

Devo toccarti, scandisci la parola carne.

Carne. Devo straziarti.

Dimmi che sei caldo come il sangue.

Specchio della mia moltitudine, penetra la notte come il sole,

mordi la purezza, il confine del buio:

tutte le nostre notti sono rosse.

Angelo dell’indecenza,
tradisci il pallido meriggio, il freddo opaco del tuo letto,

l’odore di femmina, l’implacabile attesa delle tue mani stanche. 

Il tuo nome ingoia gli organi dell’invisibile:

Il sole sorge e tramonta solo per noi.

Esattamente un anno fa, scrivevo...


Io non lo so perchè. Mi sveglio stamattina e voglio il tuo cazzo tra le labbra come una dose di anfetamine abbondante nel mio portapillole Hello Kitty. Voglio leccarti fino a quando - O mio Dio - fino a quando muori, o muoio, o chissenefrega dimmi che vuoi che continui per sempre, dimmi che vuoi che mi uccida per sempre. Tu che apri le cosce scivolando nella poltrona e premi la mia testa sul tuo cazzo mentre ti succhio. Sempre più dentro. Sempre di più, di più. Scopami l'anima, il cuore. Affogare tra le tue cosce aperte...
Mi inginocchio davanti a te - piccola gatta - timidamente cercando il piccolo buchino vergine di quel culo con la punta della lingua, e vorrei avere corolle di labbra per ogni centimetro di te, voglio tutto, ascoltami, tutto. L'hai sempre saputo che non sono fatta per le mezze misure.
Per favore. Taci. Mentre. Stiamo. Scopando.

Muto teatrale



Eccomi qui, dritta davanti a te.
Non ho niente da nascondere, tranne l'incresparsi del mio labbro superiore quando ti volti e non mi guardi [nausea]. Vorrebbe essere un sorriso di quelli affissi a un'espressione murata. Una crepa.
...Una ruga...
Ti dico sono qui, [e rilassa i muscoli del ventre a simulare un corpo gravido].
Dici che sono vuota, ma non guardarmi con quegli occhi.
Non guardarmi con quegli occhi! [grida]
Eccomi, in equilibrio sui miei piedi. Sto muovendo i primi passi, o gli ultimi? Non ho mai capito che si poteva correre. [corre in cerchio]
[si ferma]
Sono una donna.
Potrei essere la tua donna, o la donna di un altro. Le femministe vorrebbero sentir dire la donna di nessuno, ma non fa per me, nessuna donna basta a se stessa.
Fanculo, la vita va mangiata con qualcuno! Ho divorato tanti cuori e ogni volta avevo ancora fame.
Se mi tocchi tra le cosce, mi sentirai umida come dopo aver pianto. Piango tra le cosce, io.
E ho gli occhi asciutti come due bottoni d'osso.
Ti piace quando piango... ti svuoti dentro di me e mi schiaffeggi come fossi la tua dipendente. Ma io non ti sento, non ti conosco. Ti sei mai chiesto cosa fai mentre mi scopi? ti sei mai sentito nel corpo di un nemico? Tu vieni a svuotare il tuo mondo nel mio, ed io non ti accolgo, ti butto appena te ne vai.
Fiuti il mio odore, ti piace, lo so.
Annusi l'eccitazione.
Affiora dalla mia carne pulita qualcosa di sporco.
Carne pulita.
Bianca. Inespressiva. Inodore.
[si stringe in se stessa]
Cresci e cresci e non esplodi mai, ed io ti divoro attraverso me e sei lontano, diverso, estraneo. Guarda le stelle come non si toccano e non si conoscono, e bruciano ognuna per se stessa. L'idrogeno è nocivo, l'idrogeno brucia, l'idrogeno esaurisce. Ti guardo da lontano e lentamente soffoco.

GlamO'drama #5



Robert Smith che canta Picture of you e l’universo che impazzisce con me dentro, come un gatto imprigionato in una lavatrice accesa muore nel suo piccolo uragano elettrico, ed io che dimentico di preparare il pranzo e rimango a cantare con gli occhi immotivatamente lucidi e le cosce scomposte in modo plastico. Succhio gambi di sedano ed è già pomeriggio, cazzo, identico a ieri, ed io ho sete di immortalità.

E stasera esco con un uomo diverso, e lo so che tra capelli e trucco e foto per immortalare i miei vent’anni non riuscirò a combinare niente. Rimpiango il liceo meticolosamente scandito 8.30 – 14.30: Le notti ed i giorni si somigliano, sbiadiscono gli uni negli altri senza definirsi mai e passano a miglior vita come morti bianche.


Quello di stasera è un avvocato basso dal culo carnoso, mi passa a prendere in macchina e mi porta in un appartamento noleggiato traboccante di specchi che sembra vogliano rubarmi l’anima e lasciarmi vuota come la scorza secca di un’arancia. Stasera mi sento impietosa. Lui si inginocchia e blatera parole che non ricordo e supplica ansima si piega come un verme: ed io lo so che gode e che vorrebbe che fossi sua, soltanto sua, nient’altro che sua e lo riempio di calci, il verme, calci ben assestati nel suo ventre poco sodo, e mi tolgo gli stivali per picchiarlo meglio, e striscia davanti a me col sesso umile e turgido, e vorrei che implodesse, che si contorcesse fino a spezzarsi. Il punto è che il mio disprezzo corrode solo me e tutto ciò che ho intorno gira gira e gira nel proprio senso ignorando il mio, e mi sento anche io un piccolo insetto impotente, e non posso ammazzare questa larva dal cazzo inesistente che mi lascia 200 euro sul comodino della stanza e se ne va, ed io già non ascolto più quello che dice mentre si riveste e abbandona la scena come un granchio dopo aver baciato i miei stivali e poi il pavimento ed il bicchiere sporco di rossetto Rouge lacca che mi riempie sempre di tristezza, come una vecchia diva che guarda foto sbiadite della giovinezza.
Apro il frigorifero e bevo del Crystal lasciato lì dal verme. Alcune gocce rigano il mio mento e cadono sul corpetto, lentamente, macchiandolo.
Mi affaccio al balcone e vedo il cielo incerto, grigio smorto, su uno scorcio di città che non mi appartiene, e mi mancano i profili conosciuti adagiati davanti alla mia finestra che non guardo mai ma ci sono sempre, un po’ come i nonni, quando stanno male e ti rendi conto che non gli hai mai detto ti voglio bene.
E questo cielo pesa, nessuna nuvola intacca nessun colore, e sembra l’acquerello pallido di un pittore respinto, che affoga i sentimenti sulla tela opaca e dipinge col petrolio che mi cola addosso.
Torno a casa relativamente presto, mi districo tra le strade pensierosa e svelta mentre la luna alta e sorniona ondeggia dietro i palazzi che circondano il laghetto. Sull’autobus i ragazzi per bene in felpa Guess e pantaloni necessariamente D&G vorrebbero non guardarmi dall’alto dei loro futuri preimpostati ed invece lo fanno perché la ragazzina a fianco probabilmente scopa come mia nonna e puoi scavare un buco nella sabbia umida, è lo stesso, e gli uomini sono animali e le donne sono animali insicuri e non va bene. Ed io li vedo questi protodirigenti a farsi sodomizzare da trans folcloristici e troie datate e venire fino a morirne e poi tornare dalla nel frattempo mogliettina che continua a scopare come mia nonna, solo ogni week end perché in settimana lavora. Questa tristezza mi diverte, e mi distoglie dagli immigrati senza la poesia dei Modena City Ramblers che dal fondo dell'autobus mi lanciano occhiate e li senti puzzare carichi di sesso, e piscio, e sudore e vorrei quasi morire perché la tristezza prima amaramente diverte e poi contagia ed è tutto troppo simile ad una macelleria, invece è il mondo che ti divora, che è sempre affamato e puzza, si decompone, brilla e si trascina ed io con lui, tentando di scappare.
Non ricordo più quand’è stata l’ultima volta che ho tentato di cambiare il mondo.
La città è illuminata come un presepe ateo, e mi va bene così.

Intermezzo lirico #


La verità è che vorrei andarmene lontano come i cani quando stanno male. Lontano, in un campo dall’erba alta perché nessuno mi ritrovi. Immagino di accasciarmi sulle ginocchia, tra le sterpaglie, di non preoccuparmi più delle bottiglie rotte, delle spranghe, degli aghi che mi rigano i collant: scomparire piano, come se veramente fossi abituata a scoparire tutti i giorni.
La verità è che non so dove andare. Chi sa dove andare?
Ahah, stronzi.
La verità è che gli occhi sono le finestre murate di una prigione che mi tiene volta all’interno. Come gli antichi ginecei senza finestre sulla strada. Raggomitolarmi tutta intorno al mio sguardo, affinche mi rivolga qualche lacrima. Solo per me. Tutta stretta intorno al volto come una sciarpa, come una mamma, come l’infanzia.
Adolf Hitler aveva una cadenza molto musicale, nel XXI secolo sarebbe diventato una rockstar.

just a selfportrait

'Cause everything is a drug.
Sex.
Violence.
Sushi.
Pain.
Everything is a drug.
Everything is a drug.
Everything is a drug.
Everything is a drug.
Sickness.
Glamour.
Everything is a drug.
Epidemic is a drug.
Ugly bitch in your brain is a drug.
In your brain.
Brain.
Drug.
Everything is a drug.
Lagerfeld.
Vomit.
Shopping.
You.
I shall fuck you like a drug.

GlamO'drama #4


Hai buttato due anni della tua vita piegata su quella merda di cesso e nessuno ti perdonerà mai niente, nessuno ti ridarà mai niente.
Abbuffate compulsive prima d'amore, poi di cazzo, poi ancora di stronzate firmate, di cibo, di associazioni ridicole pro e anti.
E adesso?
Tra poco non avrai più fame di nulla.

Stringi tra le tue braccia questo corpo nuovamente disfatto, solo che adesso lo senti un pò come la fine. Un pò più tuo.

Non è più un estraneo, è solo stanco.
Sei solo stanca.
Stanca.
Sono solo Stanca.
Tanto stanca.

GlamO'drama #3



Dico vaffanculo. Urlo vaffanculo e mi ritrovate a casa nel bagno e mi lavo le mani quasi fino a strapparle. E ancora questa è la mia vita ed io non so come viverla e mentre continuo a non saperlo non la vivo e ancora vaffanculo.
Bimba, gli anni passano.
Perché non ho ricordi? Gli eventi sono scivolati su di me senza attecchire. Da una solitudine all’altra pensavo di sopravvivere e non ho mai capito che la vita era altro. Qualcuno ha succhiato via la mia cognizione delle cose, potrei scopare o guardare un film o comprare cravatte non sentirei la differenza, sospesa in questo stato ovattato di incoscienza in cui il bicchiere non è mezzo pieno ne mezzo vuoto, i suppose.


Devo fermarmi e riprendere fiato.
Il mio ultimo fidanzato ha boicottato la mia vita ed ora si diletta nel letto fresco di una minorenne. Il problema degli uomini sentimentali è che non provano sentimenti reali, ma s' impegnano ad identificare chiunque possa incarnare la loro idea dell’amore nell’amore stesso. Questi innamorati dell’amore hanno donne senza volto, e dimenticano, ricominciano, soffrono, e ricominciano ancora, ed io provo tanta pena e rabbia e rassegnazione e vorrei che dopo di me morissero per l’affronto di ricominciare.
Di sopravvivermi ogni volta.
Mi ha lasciato per cattiva condotta.
Perché io sono romantica soltanto nella perdita.

C’è sempre un punto – dico – dove tutti si fermano ed anche tu ti fermerai. E vorrei che violentassi quel punto con ferocia e mi costringessi a parlare, come un orgasmo doloroso, senza cancelli, e filtri, e limiti, e labirinti. Vorrei metterti in mano il mio cervello e chiederti aiuto. Ma tu non esisti se non quando mi penetri attraverso il cazzo di qualcuno. Ed io che ti chiedo la mutilazione dei miei vent’anni sporchi rimango inascoltata in una pose patetiche mentre gli occhi guardano oltre. Vorrei che mi diceste questo è amore, questo non è amore, questa è dignità, questo è orgoglio, questa è mancanza, questo è perdono. Sono cresciuta ignorando qualsiasi termine di paragone, io non so niente, questo è il mio candore. E conosco soltanto la noia e me stessa da cui qualche stronzo saltuariamente mi distoglie.

Pensiero di oggi/disincanto


mercoledì 12 Gennaio 2011

Piove. Il ponte bagnato come una lingua nera, pende su un esofago salmastro. Adoro camminare sotto la pioggia lungo ponte Marconi, la sera, fino alla metropolitana grigio incubo. Sull'asfalto lascio scivolare i corpi gonfi dei brutti pensieri, la mia mente che non fa pipì da secoli e finalmente può non si trattiene. Sto bene.
L'adolescenza ci ha trascinato ai ventitrè anni a bordo di un vagone Alta Velocità. Siamo scese con l'amaro in bocca e un pò stordite, e quasi sembrano un'anacronismo, ora, le lacrime, le minigonne, l'isteria, l'amore.


Tutte le parole d’amore che ho scritto, le ho scritte per persone che non esistono.

Ogni volta che facevo sesso, da ragazzina, tornavo a casa e mi stringevo forte l’orsacchiotto al petto.


Da qualche parte ho letto che la misura dell’amore è la perdita. Scandisco: la misura dell’amore è la perdita. Accompagno le sillabe con le labbra turgide di Diorkiss alla menta ultrabrillante e il risultato è comunque amaro. Le parole sono ostili.


I am tired, I am weary
I could sleep for a thousand years
A thousand dreams that would awake me
Different colors made of tears.

GlamO'drama #2



Rew.
Riavvolgi tutto.
Comincia dall'inizio.
Incursioni da overdose permanente in pink alle fragole urlante Cherry soft Cherry soft. Ho gli occhi stanchi. Disintegro i contorni. Dita sudate. Disintegro i profili. Sgranami gli occhi e componi pezzi di carne di collage organico bene assortito. Stampa lo sguardo in serie glitter con ombretti incorporati di vetro frantumato illuminante. Imbarazzante. Chimeriche lenzuola opache come carne di morto. Non mi districo. Non mi districo. Amori tossici. Questo non è un amore vero. È un buco perverso. Bulbi rovesciati e vulve troppo aperte. Questo non è amore vero. Labbra che si spezzano . E scivolare nel ventre appena insieme ad una goccia. Rappresa allo stomaco come un grumo non sono assorbita.
Ok. Dico riprenditi.
Stanotte niente luna. Il quadrato di cielo che la finestra della mia stanza ritaglia è cosparso di stelle: grumi di zucchero sfuggiti alla mano di un pasticcere distratto per glassare un'infinita torta viola.
Sono le tre e venticinque di una domenica sorridente.
Il ragazzo di questa sera era incredibilmente magro e bianco. Penso alla sua pelle senza peli. Vomito un po’ e bevo dal cartone del latte. Ha la mia età e so già che non lo rivedrò, scrive poesie mediocri e parla troppo. E troppo in fretta. Io gli dico calmati, sta calmo, rilassati. Lui mi offre da bere e dice vieni in bagno. Sorrido. Sta pensando che sono bella quando sorrido. Dico ok, ti raggiungo. Per un momento leggo i sottotitoli, dicono noia noia e noia. Lui mi aspetta alterato dalle luci blu dei cessi e quando mi vede arrivare è già gonfio. Mi bacia ed il suo alito puzza di vermut. Quant'è bella giovinezza. La scena dopo lui è fuori depresso ed io sono piegata sul bordo del water a vomitare.
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Nemmeno la mattina respira.
Sento i latrati di cani che litigano lontano ed una festa nella casa di sconosciuti a fianco alla mia: risatine, urla, commentano voti, voti e voti a intervalli di vacanze in riviera e risatine monotimbro. Universitari. Sbornia post esame di analisi matematica che dura fino all’alba perché lunedì è un nuovo giorno.
Ditemi che cosa dovrei fare. Non ho mai sonno alle tre del mattino, in TV i Ragazzi del muretto, tutti dormono, fuori è pieno di stronzi. Penso non c’è proprio niente da fare. Leggo qualche pagina del De rerum a intervalli di vuoto. Chiudo gli occhi sdraiata sul letto disfatto. Percorro con le dita sudate i ricami floreali del materasso: immagino prati verde acido e innocenti, piccole margherite. Le margherite sono vergini bianche ed il verde è troppo verde. Margherite e acido. Il verde non è pulito. Chiudo gli occhi.
Stupri pop art.

GlamO'drama #1


Le cose vanno e vengono, nel lasso di tempo che basta appena a farci rendere conto della loro venuta. Nel momento in cui scrivo, un amico conosciuto da mezz’ora mi chiede perché piango. Farfuglio poche cose e penso che stanotte stringerò me stessa ancora più forte, ancora più sola e ancora più forte, ma va bene così.
E poi stanotte il buio è meraviglioso. L’aria, stordita dalla luce dei lampioni, è carica di umidità, e assume una consistenza ovattata. Il tempo sta cambiando, l’autunno è arrivato improvvisamente, gravido di pioggia.
Spengo il cellulare , ok, mi ripeto, va bene così, va bene così. Un tantra. Va fottutamente bene così. Bestemmia. Cazzo.
Nel frattempo voglio PurePoison, e mi sento l’eroina di un’epoca. Maria Antonietta, Lou Salomè, Sylvia Plath, io. La mia vanità si cristallizza in qualche attimo, poi mi sento inutile.
Non sono più Sylvia Plath, Lou Salomè, Maria Antonietta. Sono la vita di F. che si è persa F. lungo una passeggiata e se ne va in giro senza faccia, senza identità.

E mia madre torna a casa e mi urla contro in ordine sparso parassita rovina nullafacente cattiva persona mostro. Come tutti i pomeriggi.
Dico vaffanculo mamma, potevi pensarci due volte prima di cagarmi fuori dal quel buco molle e lasciarmi qua, senza madre, senza padre, senza un cazzo di nessuno a cercare di crescere senza storcermi troppo e cadere non proprio nel fondo ogni volta. Dico vaffanculo brutta troia, scopa con criterio. Sono bulimica, mamma, e scopo ogni volta con uno diverso, mamma. E bevo birra chiara dopo ogni pompino, mamma. E sono ingrassata, non mi entrano i vestiti di latex, chi mi riaccompagnerà a casa stasera? Nessuno mi riporterà a casa stasera. Sono brutta, dici, truccata così? E tu che ne sai? Che cazzo ne sai dall’alto della tua sapienza materna, stronza. Piango che cazzo ne sai. Stronza. Mi lasci qui senza madre a cercare di crescere senza dare troppo nell’occhio. Senza nessuno. Ti sei lasciata scopare per partorirmi e crescermi a odio. Rovino le tue immagini da casa moderna e famiglia Barilla e così tu mi sputi addosso veleno ogni volta, leggermente lontana dai tuoi parametri Happiness poesie clericali mi spiace tanto la vita è bellissima. Però sono bravissima a fare i pompini, mamma, lo sai? Un vero talento. Sono bravissima a vomitare la cena e poi il pranzo e poi ancora la cena. L’importante è pulire il cesso appena finito. Cesso pulito per gli ospiti.


Annullarsi. Distruggere questa persona decisamente non voluta e un poco fragile che annaspa per non affogare. Se fosse per bene faresti del mio culo un business. Ma tu sei una donna per bene.

Stasera mi faccio scopare con forza da un attore di teatro davanti allo specchio grande del suo appartamento in centro. Ho bisogno di bruciare calorie e febbre e rabbia e me stessa. Principalmente me stessa. Lo specchio è ampio, proprio di fronte al letto molto jap stile accanto al quale è poggiata la statua di una dea indiana dalle molteplici braccia su cui poso uno alla volta i miei vestiti. La dea indiana sorregge il mio reggiseno dalle coppe vuote come due uteri tristi. Mi spoglio con la tranquillità di chi è abituata a spogliarsi e quasi mi sento un po’ vecchia.