GlamO'drama #1


Le cose vanno e vengono, nel lasso di tempo che basta appena a farci rendere conto della loro venuta. Nel momento in cui scrivo, un amico conosciuto da mezz’ora mi chiede perché piango. Farfuglio poche cose e penso che stanotte stringerò me stessa ancora più forte, ancora più sola e ancora più forte, ma va bene così.
E poi stanotte il buio è meraviglioso. L’aria, stordita dalla luce dei lampioni, è carica di umidità, e assume una consistenza ovattata. Il tempo sta cambiando, l’autunno è arrivato improvvisamente, gravido di pioggia.
Spengo il cellulare , ok, mi ripeto, va bene così, va bene così. Un tantra. Va fottutamente bene così. Bestemmia. Cazzo.
Nel frattempo voglio PurePoison, e mi sento l’eroina di un’epoca. Maria Antonietta, Lou Salomè, Sylvia Plath, io. La mia vanità si cristallizza in qualche attimo, poi mi sento inutile.
Non sono più Sylvia Plath, Lou Salomè, Maria Antonietta. Sono la vita di F. che si è persa F. lungo una passeggiata e se ne va in giro senza faccia, senza identità.

E mia madre torna a casa e mi urla contro in ordine sparso parassita rovina nullafacente cattiva persona mostro. Come tutti i pomeriggi.
Dico vaffanculo mamma, potevi pensarci due volte prima di cagarmi fuori dal quel buco molle e lasciarmi qua, senza madre, senza padre, senza un cazzo di nessuno a cercare di crescere senza storcermi troppo e cadere non proprio nel fondo ogni volta. Dico vaffanculo brutta troia, scopa con criterio. Sono bulimica, mamma, e scopo ogni volta con uno diverso, mamma. E bevo birra chiara dopo ogni pompino, mamma. E sono ingrassata, non mi entrano i vestiti di latex, chi mi riaccompagnerà a casa stasera? Nessuno mi riporterà a casa stasera. Sono brutta, dici, truccata così? E tu che ne sai? Che cazzo ne sai dall’alto della tua sapienza materna, stronza. Piango che cazzo ne sai. Stronza. Mi lasci qui senza madre a cercare di crescere senza dare troppo nell’occhio. Senza nessuno. Ti sei lasciata scopare per partorirmi e crescermi a odio. Rovino le tue immagini da casa moderna e famiglia Barilla e così tu mi sputi addosso veleno ogni volta, leggermente lontana dai tuoi parametri Happiness poesie clericali mi spiace tanto la vita è bellissima. Però sono bravissima a fare i pompini, mamma, lo sai? Un vero talento. Sono bravissima a vomitare la cena e poi il pranzo e poi ancora la cena. L’importante è pulire il cesso appena finito. Cesso pulito per gli ospiti.


Annullarsi. Distruggere questa persona decisamente non voluta e un poco fragile che annaspa per non affogare. Se fosse per bene faresti del mio culo un business. Ma tu sei una donna per bene.

Stasera mi faccio scopare con forza da un attore di teatro davanti allo specchio grande del suo appartamento in centro. Ho bisogno di bruciare calorie e febbre e rabbia e me stessa. Principalmente me stessa. Lo specchio è ampio, proprio di fronte al letto molto jap stile accanto al quale è poggiata la statua di una dea indiana dalle molteplici braccia su cui poso uno alla volta i miei vestiti. La dea indiana sorregge il mio reggiseno dalle coppe vuote come due uteri tristi. Mi spoglio con la tranquillità di chi è abituata a spogliarsi e quasi mi sento un po’ vecchia.

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