GlamO'drama #7


Svegliarsi accanto a te.
Il letto è freddo. È un mattino di Marzo. Che graffia. La notte non ha lasciato profumi. Un battito d’ali s’accascia. Si bagna. E bacio una coscia del tuo corpo anemico.
Vorrei… vorrei… affondare le mani nel tuo amore dischiuso per me, come un fiore, grande, che svuoto. Lascio scivolare via la tenerezza di ogni volta che corri a leccare le mie ferite e allargo la cassa toracica per rientrare in questo Corpo non mio. Più umano.
Chiudi gli occhi. Non fissarmi.

Svegliarsi accanto a lui.
Voglio una carta assorbente che s’impregni della mia rabbia.
E ti bacio tra le cosce e non voglio che te ne vai. Voglio massacrarti a mani nude e leccare il sangue caldo non coagulato che scivola via dal dorso della mia mano. Voglio tamponarti la piaga con la mia rabbia. Come Atropo recidi il mio filo. Disintegrando legami mai nati, mai spenti. Sognati. Piccolo sfregio sul lato sinistro del petto. Il morbo corrode le vene. E brucia. S'appiglia, s’impiglia alle fiamme. E brucia. Consumo il mio corpo e latente ragione evapora piano. Come Atropo recidi il mio filo. L’ultimo appiglio alla crosta del cuore.
Vaffanculo.
M’hai reso una cagna perfetta. Iniziata al distacco aprendo le cosce mi lascio cadere. Nel buio del mio stesso corpo. Inseguo qualcosa di vergine per non soffocare. Che sia un organo, un liquido, un osso. Se potessi tagliarmi le mani, asportar la vagina e cavare questi occhi. Per affievolire ricordi e speranze. Per deporre nella pietra passioni. Crocifisse al tuo albero gelido. Al tuo cazzo trionfante.

Mi sento terribilmente sporca.

blablabla


In quanto a me, ci sono molte cose da sapere: adoro il gelato. Soprattutto nei toni del rosa e pieno di fragole, mirtilli e foglioline di menta. Adoro la cioccolata, le scarpe, i rossetti, Bette Davis. Adoro tagliare il pesce crudo e mangiarlo con le mani. E Coco Chanel. Ed il mio culo. Adoro quando di notte indossiamo tacchi altissimi coordinati a pochette scintillanti. Adoro quando le tisane riescono a purificare anche l'anima. E fare l'amore fino al mattino nel letto di qualcuno a cui riesci anche ad addormentarti vicino. Senza schifarti. Adoro cucinare, nutrire. Avvelenarmi. Adoro le tue labbra. Succhiare. Succhiami.
Panna-fragola lolli-pop girl.

A pranzo mentre ascolto musica e fisso lo schermo del portatile.

Incastro il piatto sulle gambe incrociate e cerco di non sporcare le lenzuola, mentre lecco il collo slanciato del cucchiaino ancora sporco di Nutella. E pensare che da bambina adoravo il week end, quando il parentame più prossimo veniva invitato a pranzo a casa dei miei nonni.
Tutte le domeniche non senza una certa monotona sorpresa.
Ora, immaginateci tutti seduti al tavolo rotondo del soggiorno,comprese le zie e i nipotini- fastidio, compresi il padre il Duce e la madre che non realizza perché è sempre tutto bello e felice e gioioso. Immaginate i piatti della nonna, unti, pesanti, ogni domenica gli stessi piatti per anni, anni ed anni. Nonna, la mia estetista ti odia, lo sai? Paladina della cellulite in gonnella. Nonna, che vieni ogni mattina a mezzogiorno a chiedermi se ho mangiato, mentre la mia testa vorrebbe che il cuscino la risucchiasse nel silenzio e lo stomaco viaggia su binari paralleli alla coerenza fisica. Si, nonna, ho mangiato.

I don't like the drugs but the drugs like me


Grigio perla vomitato da seppie intramolecolari s'insinua nel mio cranio sbiadendo i liquami. Sto quasi bene.
Magic Chemistry.
Risucchia i colori e li proietta un prisma perverso sulla luna del mio viso candido: è un bombardamento cromatico a cui mi sottrae l'ecatombe umida e incolore del mio dentro.

Addio version 2.0

Lasciarti andare,
come il buio che all'alba la mia stanza
non stringe mai tanto da impedirne che fugga,

lasciarti andare come le stelle assorbite dal bianco
proprio quando mi chiedo se il giorno non sia
a derubare la notte, e il silenzio...

Lasciarti andare, col tuo corpo negli occhi,
come l'amore appena appagato,
proprio come l'amore, nella voce le labbra, tra le mani le prime parole,
tenere gemme sulle mie fronde secche,
e proprio come l'amore incidere

i tuoi lineamenti nel ricordo,
quando mi chiedo se il giorno non sia
a massacrare uno ad uno
i momenti in cui mi hai detto: Siamo.

La carne Ë fredda, ma allora dimmi perchË
il tuo corpo Ë il fuoco dell'inverno,
e le labbra il brivido e la febbre del mio ventre,
dimmi perchË
la carne Ë fredda ed io respiro il tuo calore
mentre intorno tutto non vuole continuare, fermo,
nel momento in cui
solo il tuo respiro
esiste, ed il mio bacio che lo cerca.


Settembre 2008

GlamO'drama # quanto ero emo da ragazzina


Tramortisco l’incostanza del mi tenero cuore mortificato da lacci bondage tessuti a prigione di carne, affinché mai, mai mi liberassi dalle tue piccole mani bianche. Il cielo nero schiaccia la cassa toracica nella quale sono sepolta. Graviti in questo cielo come gas tossico e m’impregni il fegato gonfio e i bronchi e lo stomaco, confluendo nel cervello in flussi d’allucinazione. Sventrare t’ispira sesso o massacro? Mi sezioni con perfezione chirurgica e poi componi i pezzi in nuove forme: la proiezione del desiderio è un prisma organico che non mi somiglia e scopi con violenza. Sei un uomo o una donna? La mia febbre vomita anatomie corrotte. Il tuo nome è ghiaccio sul mio seno. Il tuo nome è una pistola nella mia gola. Gli angeli sanno e mi additano dai loro palchi. Premi il tuo cazzo su di me, mentre m’abbracci non teneramente. Il tuo cazzo è la pistola nella mia gola. M’hai rubato dall’altare e io t’ho seguito. M’hai indicato il dolore e io l’ho leccato. Nell’angolo della mia cella a cosce chiuse cullo la tua assenza. Only theatre of pain a ripetizione. I’m so tired…
Amami o premi il grilletto.

Specchio specchio delle mie brame...


E arrivi al punto che lo inizi a capire. Stai soffocando. Ti lasci morire. Ininterrotamente e. Come sempre. Bellissima. Fottutamente. Bellissima.
Lasciatemi. Derubatemi e datemi in pasto alle bestie. No. Non è vero, non devo andare avanti per gli altri, sono stanca;
Ma la cipria maschera tutto. Bimba, sei stupenda. Non è vero.
...E cominci ad odiarti.. a mascherare nel nulla il tuo vuoto. Ti senti grumo e poi stella e poi buco. Carnefice e vittima. Mi hai violato l'anima, ora, violami il viso. Autodistruzione. Non sopporto più i tuoi tratti perfetti, Riflesso. Sei turbamento. Dammi al mostruoso. Accarezzami.
Mi avvicino allo specchio. Sei gelida. Accarezzami.
Al buio mi piego. Me genuflessa davanti allo specchio. Specchio, rifletti. Adesso che mi guardi, rifletti. Il rossetto consumato da troppi baci. Ogni segreto è troppo grande. S’annulla. Ogni bacio come un sasso in uno stagno.. onda di brividi che s’apre e si disperde.
Assapora la rabbia.
Mantieni il controllo.
Sorridi.
Lo vedi? sanguino... ma nel mio sangue, Riflesso, non penetri. non riesci a toccare... non riesci a toccarmi, a sporcarti di me.
E cosÏ ci guardiamo rialzarci e sorridere. Sempre più giù. Sempre più strette. Non possiamo sentirci. Sono queste, le porte della percezione? Aprile. Murate. Stringo i denti. Che cosa siamo, se non di fanciulle siamesi alienazioni diverse?

E adesso bastardo, rifletti.

Cerchio

Moltiplica l’incubo. Non c’è l’angolo della penitenza. Sono un uomo e voglio fare penitenza. Voglio accucciarmi all’angolo a nord e rimanere genuflesso. Faccia al Muro. Perdono. Voglio chiedere perdono. Non c’è l’angolo della penitenza. L’incubo. Il perdono. Mi siedo al centro della stanza perché ho paura del perimetro. Dico voglio ricominciare da capo, Cerco l’inizio. Semirette, segmenti. Frammenti. Cerco l’inizio col naso per terra. Fiuto la linea, esamino la forma. Sono un uomo e voglio fare penitenza. Dov’è il mio nuovo inizio, l’origine dei punti? Cammino. La stanza non si interrompe. Muro bianco. Pavimento bianco. Soffitto bianco. Il bianco ha inghiottito la porta. Cammino nel bianco come una macchia. Ero un uomo. L’uomo nasce per trovare angoli. L’angolo della vergogna. L’angolo del perdono. Voglio nascondere la mia faccia. Il cono d’ombra. Tutto è curvo. Tutto si piega. Le linee tramano, la mia pelle trema, s’ammorbidiscono, mi confondo. Ho paura del perimetro. Non posso nascondermi. I vermi aderiscono alle pareti. Le mie ossa non si piegano. Io non sono un verme. Vomito. Una macchia concentrica. C’è una macchia concentrica. Ho vomitato l’incubo. Il cerchio. Si dilata. Concentrico. Nel perimetro, io, la macchia, io, l’intruso. Non c’è l’angolo della salvezza. Non aderisco, le ossa, è colpa delle ossa. Io non sono un verme. Non posso riposare. Lo senti, è assordante il silenzio. Solo gli angoli parlano. Le linee spezzate gridano. Le semirette iniziano a lamentarsi. Il cerchio. È silenzio.

singing in the rain

I wanna fuck you like an animal
I wanna feel you from the inside
I wanna fuck you like an animal
My whole existence is flawed
You get me closer to God

GlamO'drama # scars

Dicono che quella farfalla sia io. Dicono che se l'avessero lasciata andare sarebbe morta su una foglia prima dell'indomani. Io lo so che a mente lucida nessuno si ricorderà più niente. Le mie labbra sono sconosciute come un oracolo. Ti volti e mi dici grazie e te ne vai. Io ti dico resta, uomo senza volto, tu dici ancora mille volte grazie e te ne vai. Io ti dico sei cattivo uomo senza volto. Sei spietatamente cattivo uomo senza volto.
Sono nata con mezzo cuore perchè l'altra metà era un puntaspilli. Il mio corpo è rimasto un bozzolo, il prolungamento a sostegno del mio cranio. Il mio cuore è rimasto un bozzolo in fondo allo stomaco dove ogni tanto qualche lacrima, cade. Questo letto è così familiare che riesco quasi a sentire un odore che non sia il mio, che non sia di fresco, che possa annusare su altre pelli. Io perdo pelli come serpi e non mi evolvo. Io sono sempreverme ed annuso il mio bagliore. Annuso come un animale la follia di questo letto sterile.
Mamma, tu non sai. Tu non mi vedi se non nell'antologia dei tuoi incidenti. Tu non conosci il mio viso. Io sono tridimensionale, mamma, ed ora se non mi facesse male la testa ti griderei di venirmi a cullare nel giaciglio del verme. Ovunque tu sia, mamma. Ovunque. Tutte le ferite si rimarginano, dicono, ma non è vero. Le cicatrici hanno cambiato la fisionomia del mio cuore. Lo modello come un grumo di argilla e mi accorgo che tutto ritorna com'è, ogni grinza, ogni lesione. Sono i miei ospiti.

[...]

...e sognavo, sognavo...Non so più se mi manca il sogno, o se lo maledico. Caro uomo senza volto, guardami in faccia mentre te ne vai. Gli addii sono semplici quando le persone non si guardano. E tu, quale uomo sei? quale donna? Dimmi se portavi una frusta od un fiore. Tante volte incrocerai i miei occhi quante non mi vedrai. Io sono la piccola bambola senza grazia esibita coi porci, sono la bimba tagliata a misura di mostro. Dicono sia una questione di ali. Hanno dimenticato di crescere e così dovrei aspettare quel volo ancora e ancora. Pendo dalle labbra del mio sonno. E se ti dico vattene ti volti e mi dici ancora, e se ti dico resta, dici mille e mille volte grazie e te ne vai. E se ti dico esisti ti spaventi e scappi, ed io qui non posso seguirti da questo giaciglio di carne e tu non hai nome. E se ti dico guardami, scompari.

Sad but true/ Mongoloid


Dementi.Idioti.Subnormali.Anormali.Mongoloidi.Handicappati.Di versi.Down.Portatori di handicap.Disabili.Diversamente abili: SPECIALI.

Il paradigma del processo (formale) di civilizzazione sembra evidenziarsi (e con che brutalità!)nella moltitudine di nomignoli coniati per definire persone con deficienze universalmente visibili: handicappati, disabili, minorati. Le deficienze che non sono immediatamente rilevabili dalla società e che non interferiscono con la capacità di omologazione/partecipazione attiva-produttiva dell'individuo alla stessa, non sono mai oggetto di (auto)riflessione (ti sei mai chiesto se nonostante tu mangi, respiri, faccia sesso, lavori, possa essere considerato un essere umano decentemente / cerebralmente sviluppato?)

“mongoloid he was a mongoloid
and it determined what he could see
and he wore a hat
and he had a job
and he brought home the bacon
so that no one knew”

(Si? Allora non ti farà piacere sapere che gli idioti non sono quasi mai visibili ad occhio nudo)
L'abbrutimento umano è combattuto attraverso l' ostentazione di definizioni edulcolorate, di slogan vincenti, in un tempo in cui anche il termine "tolleranza", dal quale emerge l'impegno concreto dell'uomo alla convivenza civile, viene sostituito da un altisonante e politically correct "rispetto", che nobilita di certo l'involucro delle intenzioni, ma si confina in una dimensione il più delle volte ideale e astratta. Se assecondiamo chi considera la società moderna come contingente (definendo la contingenza come condizione in cui tutto è possibile ma non necessario), allora possiamo percepire la futilità del "mercato delle definizioni" in cui l'oggetto dell'osservazione ha perso rilevanza, a favore dell'attenzione paranoica alla definizione dello stesso. Definizione possibile, ma non necessaria. In una parola: Inutile. Il dibattito sulle definizioni è da sempre il primo sintomo della perdita di importanza del senso a favore della forma.
In questa realtà in cui l'ansia di affermare la propria definizione, ovviamente vincente, speciale, cool, riempie il vuoto lasciato dalla carenza di senso, i diversamente abili sono diventati speciali. Bambini Speciali. L'ultima frontiera dell'integrazione, prima ancora dell’estensione delle barriere architettoniche, che si, ok, sono assolutamente molto utili, ma così dannatamente poco cool! bambini speciali, dunque, star di micromondi formali, saturi di sorrisi e felicità e happy end in cui mamme con la messa in piega fresca di parrucchiere brandiscono questi bambolotti come fossero accessori griffati.
Un premio all’accessorio più strano: che sia una coccarda o una deficienza, a chi importa?

GlamO'drama #6


Ho camminato fino a inzuppare le mie ossa nella città che annegava in un latrato. Ho camminato fino a sprofondare un pò nei marciapiedi senza barchette, col silenzio immobile dei muri intorno pieni d'aria, e d'acqua. Ho condiviso il respiro lento della città tossica, il profumo dell'ora diversa, le mani umide di un abbraccio verticale. Se ti pieghi a raccogliere i miei capelli, ti prego, recidili come fiori. Ho camminato col sapore in bocca di quelli che hanno fame di riempirsi i polmoni, come gli uccelli se non potessero volare, come il falco cieco, il drago sradicato dalla favola.
Spugna di cemento mi inala un qualche altro condotto d'areazione, e come un acrobata volo via oltre lo sfondo.
Domani mi sveglierò presto e conterò ad una ad una le mie cellule. Voglio che mi siano tutte familiari. Domani sarà pulito e asettico fuori, questo reparto. I pipistrelli hanno preso il posto dei piccioni ora, stanotte, sugli alberi. Li sento ridere. Chissà dove dormono i piccioni. Ho paura di far male a questo marciapiede mentre penso, e mi chiedo anche se lo sa che affogo in un cappotto arrancando nel suo cielo. Il mio è grande come quello degli insetti. Immenso. Non mi sono mai sentita così vicina alla terra. Amo le stelle perché sono lontane.